Il riconoscimento facciale è uno dei settori più promettenti ma anche più controversi dell’intelligenza artificiale (IA), a causa dei possibili rischi collegati al suo utilizzo nei luoghi pubblici allo scopo di identificare le singole persone.
In primis è bene chiarire che il riconoscimento facciale è molto più di un software che cerca i volti dentro le immagini, per esempio il software di una fotocamera digitale che rileva le facce delle persone inquadrate in modo da migliorare la loro nitidezza e illuminazione.
Il riconoscimento facciale consente di “mappare” in modo univoco il volto di una persona con tecniche biometriche 2D e 3D, che comprendono il rilevamento di misure basilari come la larghezza della bocca e la distanza pupillare (2D), oltre alla scansione tridimensionale dell’intero volto con il telerilevamento Lidar (Light Detection and Ranging). In sostanza, sul volto è proiettato un fascio laser misurato da una fotocamera IR a infrarossi.
Poi è bene precisare la differenza tra identificazione e autenticazione: con la prima si compara l’immagine del volto di una persona con le tante immagini presenti in un archivio, per verificare se quella determinata persona è presente nel database, per esempio un database della polizia con finalità di pubblica sicurezza tramite la videosorveglianza in luoghi “sensibili” come stazioni, aeroporti, ambasciate oppure durante manifestazioni, eventi sportivi, concerti.
L’autenticazione, invece, è il confronto tra due immagini biometriche, che si presuppone appartengano alla stessa persona. L’obiettivo, quindi, è verificare se i due profili biometrici corrispondano effettivamente al medesimo individuo, per esempio nei varchi ABC (Automated Border Control) negli aeroporti, che utilizzano i dati contenuti nei chip dei passaporti biometrici per verificare l’identità delle persone.
L’intelligenza artificiale riguarda lo sviluppo di software dotati di alcune capacità tipiche dell’essere umano, come la capacità di percepire correttamente il mondo che ci circonda; quindi lo sviluppo di tali software si basa sulla creazione di reti neurali stratificate, che cercano di replicare la visione umana simulando i processi cognitivi del cervello biologico umano.
Si parla, infatti, di “deep learning”: un apprendimento complesso con diversi livelli di elaborazione dei dati. In pratica ogni “strato” della rete neurale elabora, analizza e confronta enormi quantità di dati grazie agli algoritmi di autoapprendimento, quindi il numero di strati della rete è collegato in modo diretto alla complessità di analisi e al livello di astrazione che si possono ottenere con il deep learning.
La rete neurale, quindi, va istruita per un certo periodo, la cui durata dipende dalla base dati, in modo da farle acquisire determinate capacità incentrate sulle sue esperienze passate; terminato il ciclo di apprendimento, il sistema di riconoscimento facciale è pronto a svolgere i compiti e le funzioni per cui è stato “allenato” dallo sviluppatore del software.
Conviene aprire una breve parentesi per evidenziare che l’addestramento è fondamentale per garantire un’elevata percentuale di affidabilità in un sistema di riconoscimento facciale.
In particolare, la quantità e la qualità dei dati utilizzati per il training dell’algoritmo influiscono sull’accuratezza finale del sistema. E poi ci sono moltissime variabili che possono condizionare l’affidabilità del riconoscimento facciale, soprattutto in condizioni poco controllate dove un sistema di video-rilevamento può incontrare parecchie difficoltà dovute anche ai fattori esterni come l’illuminazione, i movimenti delle persone e così via.
La possibilità che il riconoscimento facciale restituisca un falso abbinamento è sempre dietro l’angolo. Un altro rischio è che l’algoritmo sia viziato da pregiudizi (bias) e discriminazioni (razziali per esempio) secondo il tipo di apprendimento cui è stato sottoposto: ecco perché è sempre più importante costruire una vera e propria etica dei dati da applicare allo sviluppo di reti neurali, come rimarca la Commissione europea nel suo Libro Bianco sull’IA.
Molte delle possibili applicazioni del riconoscimento facciale per il business si concentrano in due categorie: la sicurezza e il controllo degli accessi. Come stiamo per vedere, sono applicazioni che possono garantire diversi vantaggi alle aziende che utilizzano tecnologie basate sull’intelligenza artificiale.
La Commissione europea, nel recentissimo Libro Bianco sull’intelligenza artificiale (posto in consultazione pubblica fino al prossimo 19 maggio), ha dedicato ampio spazio alle applicazioni dell’IA considerate potenzialmente più rischiose, tra cui l’identificazione da remoto di dati biometrici con sistemi di riconoscimento facciale.
Così il dibattito europeo ruota intorno allo sviluppo dell’intelligenza artificiale nell’ambito di un “ecosistema digitale basato sulla fiducia”, corredato da una serie di limiti e regole per garantire la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, come la protezione dei dati personali.
In generale, si legge nel Libro Bianco, le regole Ue sulla protezione dei dati personali proibiscono l’uso di dati biometrici per identificare in modo univoco singoli individui, con poche eccezioni che riguardano la sicurezza nazionale o un sostanziale interesse pubblico.
Aspettando allora che l’Europa chiarisca la sua posizione sull’impiego futuro del riconoscimento facciale, vediamo come funziona questa tecnologia e quali sono le sue applicazioni attuali in diversi campi.